Tutto, come al solito, nasce per caso... almeno apparentemente.
Luca un giorno butta un messaggio in lista, così, tanto per dire.
"A qualcuno interesserebbe provare a fare canoa polo? Un amico sta cercando di mettere in piedi una squadretta, tanto per divertirsi".
Sinceramente ho solo una vaghissima idea di che cosa si tratti. So che esiste uno sport chiamato canoa-polo, che si gioca in acqua con le canoe e che è simile alla pallanuoto. Stop!
In quanti si gioca? La palla si colpisce con il remo? Ci sono le porte o i canestri? Esiste un portiere? Boh?!?!
La cosa però mi becca in un momento in cui ho molta voglia di fare sport: sarà che sto facendo di tutto pur di perdere quei soliti chiletti di troppo, sarà che mi sono stufato di correre tre volte alla settimana per tre quarti d’ora sotto il cocente sole di luglio, sarà che le partite di beach-volley si riescono ad organizzare solo con la solita esasperante incostanza, insomma decido che la cosa si può anche provare.
Almeno, penso, proverò qualcosa di nuovo e magari proprio l’entusiasmo di imparare un nuovo sport sarà uno sprone ed una motivazione in più, visto che in questo periodo fra lavoro ed altre questioni la monotonia sembra sopraffarmi.
Rispondo al messaggio chiarendo però subito che in canoa ci sarò stato si e no quattro volte e che più che di una canoa vera e propria si trattava di un kayak noleggiato, a due posti, aperto, largo, lungo e pesante come una chiatta. So, per sentito dire, che i kayak da canoa-polo sono molto corti e maledettamente instabili per questioni di maneggevolezza.
Luca mi assicura che l’unico requisito è la "voglia", così ci mettiamo d’accordo per andare a parlare con l’organizzatore e, magari, fare pure il primo allenamento.
Fra vedere e non vedere mi organizzo con il costume sotto ai pantaloni, una canottiera e un asciugamano.
Alle 19 sono fuori dall’ufficio di Luca e insieme partiamo verso questa nuova avventura.
Simplo: "Ok, a che fermata del Poetto andiamo? Marina Piccola?"
Luca: "Ehm... no vai a Monserrato"
Un atroce sospetto mi si insinua nella mente...
Simplo: "Come a Monserrato?"
Luca: "Eh si..."
Il sospetto è sempre più consistente...
Simplo: "LUCA! SPIEGAMI UNA COSA: DOV’E’ IL CAMPO D’ALLENAMENTO?"
Luca: "Al canale..."
Atroce certezza! Il leggendario e terribile canale di Mammaranca, fonte di tutti i racconti e i miti cagliaritani su merdone giganti e schifosi liquami di ogni sorta.
Tutte le persone a cui parlo della canoa-polo mi chiedono se ci si allena al Poetto. Alla mia risposta "In un posto molto peggiore" tutti dicono "Su Siccu".
Io ribadisco "Peggio!", allora scalano al Molo Ichnusa, poi al porto, allo stagno di S.Gilla, a Giorgino e solo alla fine, sgranando gli occhi come a dire "non è possibile!" citano il temuto canale. Questo giusto per capire quale sia la considerazione che i cagliaritani hanno di quel corso d’acqua.
Ad ogni modo i recenti lavori di bonifica che hanno realizzato i margini in cemento e la suggestiva passeggiata in pietra per tutto il corso del "fiume" dovrebbero aver sistemato la questione rendendo il canale navigabile e "abitabile" o almeno non mortale.
Ad ogni modo arriviamo al campo di allenamento e conosciamo Erik, l’organizzatore del tutto che ci convince e metterci in acqua.
La prima lezione passa via più o meno tranquilla ad imparare i fondamentali e la posizione di base per remare.
E’ alla seconda seduta che le cose si fanno decisamente più interessanti.
E’ successo di tutto!
Gli schizzinosi sono pregati di non leggere oltre!
Arriviamo al campo d'allenamento (canale di Mammarranca, Monserrato, altezza caserma dei Carabinieri
di via Giulo Cesare) alle 19 e 15.
Erik, presidente, allenatore, organizzatore, massaggiatore, motivatore e capitano della squadra, è già li e ci presenta Luca, un nuovo giocatore.
"Bene! Siamo già in quattro!" pensiamo io e Luca Mura.
Per evitare confusione Luca Mura sarà Luca e l'altro Luca sarà Luca 2, tanto la cosa durerà poco, come vedrete.
Luca2 fa "Ragazzi io sono poco pratico di canoa".
Lo rassicuro con un "Non ti preoccupare, è la mia seconda volta!".
Sembra tranquillizzarsi.
Nel frattempo Luca sta scegliendo la canoa. Scarta a priori le bacinellone nero-busta-nettezza-urbana e punta su una più moderna barca bianca e fantasia.
Le canoe-bacinella non sono altro che dei kayak sformatissimi dal sole.
Sono fatti di una plastica simile a quella delle bacinelle, ma il colore lascia pensare alle buste della nettezza urbana pressate.
A dir la verità tutte nere e così sagomate potrebbero sembrare più che altro delle bare. Quasi quasi propongo di decorarle con una croce e una corona di fiori.
In corrispondenza dei pedali e di altre cose che ignoro, presentano delle viti di ferro completamente ossidate, con le tracce della ruggine a colare sullo scafo.
Graffi e raschiate non si contano, ma il tutto rende un'aria molto vissuta e cattiva che credo che impressioneranno molto i nostri eventuali avversari visto che più che una squadra di polo sembreremo una ciurma di pirati malesi male organizzati.
Comunque Luca opta per la più elegante canoa bianca che pare sia anche il nido di qualche uccello... be’ "nido", più che altro direi "latrina" a giudicare dalle tracce. E che tracce! Deve trattarsi di un condor di 50 chili con la dissenteria!
Luca chiede ad Erik un paraspruzzi e comincia a provare ad indossarlo e a regolare i pedali tenendo la canoa a terra.
Io prendo una delle bacinelle nere scartando quella che presenta dei paurosi buchi ai fianchi (sembra sparata a pallettoni) e le altre due che non hanno sedile.
Copiando l'idea di Luca provo la canoa prima a terra e finalmente capisco dove sono i pedali!
Nella prima lezione, infatti, mi si addormentavano le gambe perché non avevo appoggio. Luca mi diceva di cercare i pedali, ma io trovavo solo dei pezzi di metallo arrugginiti e taglientissimi che mi hanno ridotto i piedi a brandelli.
Forse erano i binari e i pedali erano troppo lontani... o forse in quella canoa non c'erano e basta.
Comunque regolo tutto e mi attrezzo pure io di paraspruzzi visto che alla lezione precedente, quando al tramonto si vedevano i pesci saltare fuori dall’acqua, Luca mi ha suggerito di non cercare di acchiappare i pesci che eventualmente sarebbero saltati sulla mia barca.
Ogni tentativo, infatti, sarebbe stato vano e avrei solo rischiato di cappottare.
A tal proposito chiedo informazioni su cosa fare in caso di accappottamento.
"Tranquillo, non ti giri!"
"Si, ma se capita?"
"Non capita!"
"Ma se succede?"
"Non succede!"
"E se mi sbilancio?"
"Non ti sbilanci!"
"uhm.. e se mi accappotto apposta?"
"Allora tiri questa maniglia e il paraspruzzi si stacca dalla
canoa liberandoti!"
Mi convincono.
Prendiamo le canoe e andiamo verso il pontile mentre Luca continua ad imprecare contro lo stormo di albatros che gli ha decorato la canoa, visto che dovunque metta le mani finisce per toccare guano.
Giunti al pontile metto in acqua la canoa e ci salgo con la mia consueta leggiadria ed eleganza, coinvolgendo nell'operazione solo quattro persone e rischiando di
rovesciarmi e aprirmi la testa contro il bordo del molo appena sei volte.
Non sto a dire cosa mi hanno detto i canottieri ai quali ho urtato e spostato le barche.
Finalmente sono stabile e posso cominciare ad agganciare il paraspruzzi al bordo della caona.
Ok, dopo solo mezz'ora e con il solo sacrificio di tre dita ce la faccio!
Acchiappo la pagaia e comincio, timidamente a muovermi in acqua.
Dopo pochi metri mi rivolgo verso il pontile e, seppur in equilibrio precario, mi fermo e mi accorgo che Luca2 si sta organizzando per entrare in acqua.
Luca lo convince a mettersi in canoa all'asciutto del pontile: "Dopo ti spingo io direttamente in acqua!"
Ora, io dico, quale persona sana di mente, sapendo di essere poco pratica accetterebbe una proposta del genere fatta, poi, da uno con la faccia come quella di Luca?
Beh, questo poveraccio si fa convincere e sale sulla barca che sta ancora sul pontile.
Luca acchiappa la coda della barca e lo ruota verso l'acqua.
"Pronto?!?!?"
"Pronto!" fa quello con la pagaia tenuta con entrambe le mani sopra alla testa.
Luca acchiappa la coda della canoa con entrambe le mani, si punta con le gambe e spinge ferocemente, scaraventando la barca giù dal pontile ad una velocità pazzesca.
Schizzi ovunque! Ovviamente Luca2 arriva in acqua completamente squilibrato, inclinato lateralmente di 50° gradi buoni a sinistra.
Sarà che la sua canoa non ha nemmeno il sedile, ma succede che le chiappe, gli scivolano sul fondo sbilanciandolo ancora di più.
Essendo un novizio, tiene ancora la pagaia altissima e cerca di rimettersi in equilibrio col corpo gettandosi disperatamente a destra.
La canoa rimbalza d'improvviso e si sbilancia dall'altra parte mettendosi quasi completamente di traverso.
Altro disperato tuffo a sinistra e... SBODOBO' la canoa si gira.
Ora sembra la scena del film "Terrore ad alta quota", quando al tipo non si apre il paracadute.
Tutti urliamo "LA MANIGLIA! TIRA LA MANIGLIA!!".
Ma Luca2 la maniglia non la tira... o non la trova... o forse nessuno, al momento di montare il paraspruzzi, gli ha spiegato che la maniglia deve stare all'esterno e non all'interno della canoa.
Io sono in acqua, a pochi metri da lui, ma sto dritto per chissà quale miracolo e, sinceramente, non me la sento di portare a due il numero delle vittime includendomi nella tragedia.
Pazienza, non c'è più niente da fare per lui, lo ricorderemo sempre nei nostri cuori, ma, come si dice? "The show must go on".
Luca è ancora sul pontile, in piedi, con la mani sui fianchi che non sa se ridere o piangere.
La canoa è sempre rovesciata e si muove furiosamente, tipo pesce sul fondo della barca.
All'improvviso tutto si ferma.. salgono un paio di bolle...ci siamo?
Di colpo affiora la testa di Luca2 e le mani annaspano, ma non riesce ad uscire: è ancora con le gambe dentro alla canoa e ha il busto torso di 180° per riuscire a tirar fuori la capoccia.
Splash! Ora è di nuovo sotto, è una lotta senza tregua. Sbuca ancora, ma le gambe e la canoa lo riportano giù. Sembra una balena infiocinata che da gli ultimi colpi di coda prima di spegnersi.
Ancora tre o quattro di questi tentativi e finalmente il paraspruzzi si sgancia liberandolo.
Torna a nuoto fino al pontile dove viene recuperato insieme alla canoa. Nessuno che gli chieda come stia, ma tutti a urlargli: "LA MANIGLIA!! DOVEVI TIRARE LA MANIGLIA!!".
Dopo qualche minuto è di nuovo in canoa, questa volta sale sulla barca che sta direttamente in acqua, ma dura solo pochi minuti, rinuncia quasi subito abbandonando per sempre la canoa-polo ed una promettente carriera.
Luca, più tardi, commenterà con un sarcastico: "Però, che carattere il tipo, eh?".
Passano pochi minuti da quest'evento, forse due o tre, che io sto remando controcorrente. Al solito mi si gira la canoa e anziché lasciarla andare, decido che, essendo ormai alla seconda lezione e potendomi considerare un veterano, è ora che cominci a crescere nel controllo del mezzo.
Pertanto decido di contrastare il movimento della canoa pagaiando furiosamente e "piegando" di conseguenza come ho visto fare ai professionisti in varie foto e filmati che mi sono procurato via Internet.
Inutile dire che la stima dell'inclinazione rispetto alla velocità della barca, alla sua direzione ed alla forza praticata sul remo fosse completamente sballata.
Quindi: mi sbilancio a destra, mi sbilancio a sinistra, cerco di recuperare con una pagaiata, ma metto il remo di taglio invece che di piatto e SBODOBO', mi rovescio: sono a testa in giù.
Comincia a venirmi da vomitare al pensiero dei liquami del canale e spero solo di non toccare niente di "strano".
Rimpiango di non avere una capsula di cianuro impiantata in qualche molare, tipo 007, per morderla e farla finita.
E adesso? Dovevo fare qualcosa di importante nel caso di ribaltamento... Ah si! Evitare di bere! Ok, la bocca è chiusa... poi? C'era un'altra cosa... Mollare la pagaia... Si si, devo averla mollata, non so manco più dove sia... Tenere gli occhi chiusi! Sono chiusi molto forte... Tornare dritto? No, l'eskimo non lo so fare... AH! E' VERO! LA MANIGLIA!
Cerco la maniglia e la trovo! La tiro e, miracolosamente, sono fuori. Tutti ridono! A me pure viene da ridere per non piangere.
Nuoto fino al pontile, vuoto la canoa, ma non mi arrendo, sono immediatamente in barca.
C'è anche Luca che naviga adesso, con la sua canoa bianca da signorino, così elegante rispetto alle nostre pantegane nere.
"Luca non hai messo il paraspruzzi?".
"No, in questa non ci monta, ma tanto non serve..."
L'allenamento procede, con Luca che ogni 10 secondi si lamenta di aver trovato una nuova macchia di guano dentro o fuori della canoa o che qualche animale inquilino della barca stia cercando di mangiargli i piedi.
Nel frattempo si unisce un altro ragazzo con una canoa-pantegana: Marcello.
Facciamo qualche esercizio difficilissimo tipo remare dritti, girare a destra, girare a sinistra e simili, ma, tranne Erik, sembriamo solo una flotta di disperati naufraghi alla deriva in balia del vento e delle onde.
Erik, dopo qualche esercizio di riscaldamento, non so in base a quale parametro, ritiene che siamo tutti abbastanza bravi, prende la palla e propone un po' di passaggi, marcature e palleggi.
Iniziano i colpi: speronate, spinte, remi sui denti, pagaiate a vuoto, schizzi ovunque, urla, rumori di botte e imprecazioni: più che un allenamento di canoa polo sembra un barbarissimo rituale di mattanza dei tonni.
La nostra agilità è magistrale: Erik lancia il pallone a pochi metri dal gruppo e in tre secondi lo raggiunge, mentre noi stiamo a smadonnare e imprecare cercando di girare le barche senza cappottare e aggrovigliandoci, cozzando gli uni con gli altri.
Ad un certo punto Erik lancia, noi siamo tutti più o meno orientati e partiamo all'assalto della palla; Luca si trova stretto fra Erik e Marcello, ma non molla, continua a pagaiare.
Bum, lo stringono fra le due caone, Luca si dibatte un po' ma è costretto a cedere ed Erik conquista la palla.
Durante l'azione, però, qualcosa deve essere andato storto perché mi giro e vedo Luca immerso nell'acqua fino al petto, la pagaia alta sopra la testa. La sua canoa è sparita!
"ERIK!! AIUTO! STO AFFONDANDO!! COSA DEVO FARE?"
Non avendo messo il paraspruzzi appena la canoa s'è inclinata ha imbarcato acqua ed è andata giù!
"Esci dalla canoa e torna al pontile!"
Luca esce dalla canoa che torna debolmente a pelo d'acqua e comincia a nuotare verso il pontile, peccato solamente che la corrente ci abbia allontanato di almeno trecento metri e che trasportare una canoa piena d'acqua sia piuttosto faticoso.
Insomma, l'allenamento è continuato su questo tono, con Luca che è affondato una seconda volta e che, mentre nuotava, urlava qualcosa a proposito di qualche strano animale toccato coi piedi.
Erik, infine, si è prodigato in una dimostrazione dell'eskimo (rimettersi dritti dopo un cappottamento senza uscire dalla canoa) immergendosi più volte nell'acqua del canale VOLONTARIAMENTE.
Finito l'allenamento e in macchina è stato solo un ridere a ricordarsi di tutto quello che è successo e un continuo guardarsi addosso pensando allo schifo dell'acqua del
canale.
Decido di non raccontare niente a Tina, almeno non prima di essermi fatto la doccia. C'è il rischio che mi lasci fuori di casa e pretenda di lavarmi con acqua e benzina a secchiate dalla finestra prima di farmi salire!
E siamo solo alla seconda lezione...
Comunque ho imparato due cose importantissime: che se la canoa si rovescia si può anche restare vivi senza intossicarsi o affogare nella melma e che l'acqua del canale non fa poi così schifo.
Ne più ne meno quella di un qualsiasi lago o fiume dove i continentali fanno regolarmente il bagno.
O almeno provo a convircemene!
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